L’io viaggiante deve affrontare ogni volta le domande di chi è rimasto a casa: “Perché viaggia, perché viaggia così tanto?”, e poi, con tono accusatorio: “È una fuga?”, domanda che sottintende una fuga da se stesso, e ogni volta vedo un io demoniaco, patetico, lacerato che non fa che ricacciarmi nel deserto o in mare, perché la risposta reale, e cioè che ciò ha a che fare con l’apprendimento e la meditazione, con la curiosità e la perplessità, non è abbastanza spettacolare.